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poesia

3 di Emanuel Carnevali

LO SPLENDIDO LUOGO COMUNE

In questo albergo
Il capocameriere dice:
« Bella giornata, oggi! »,
e sorride con sentimento.
II capocameriere dice:
« Pioverà, oggi! »,
e si acciglia con garbo.
Sono i saluti di ogni giorno,
a ogni vecchia signora,
a ogni vecchio gentiluomo,
a ogni vecchio furfante,
a ogni giovane coppia –
a ogni cliente.

E io, che non dormo, che veglio in attesa dell’alba,
vorrei un giorno scendere sul mondo.
Vorrei una tromba potente come il vento
per suonare al mondo
lo splendido luogo comune:
« Bella giornata, oggi! ».
E un altro giorno griderei disperato:
« Pioverà oggi! »
per ogni vecchia signora,
per ogni vecchio gentiluomo,
per ogni vecchio furfante,
per ogni giovane coppia –
Non sono forse clienti in questo albergo
che per tetto ha il cielo,
per pavimento la terra,
e per stanza le case?

Ma io, io – questa miserabile, stanca cosa –
posso chiedere il posto
di capocameriere
in questo albergo?

***

Quand’è passato

L ’amore… Io pensavo fosse una lunga gita in barca
su un Iago tranquillo: intorno
i salici piangenti lasciavano cadere nell’acqua le chiome
e fra quelle chiome i raggi
che il sole, andandosene, aveva dimenticato,
erano di indaco-rosa-porpora-blu.

Ma ora che è passato so che era un fiume
travolgente e fragoroso, che distruggeva tutto, tutto.
Nell’anima non mi è restato che un cespuglio
che oscilla e ondeggia al vento come i capelli di una
[strega,
che sibila e maledice il vento come il braccio spaventoso
[di una strega:
ed è il ricordo.

***

Canto funebre sentimentale

Amore, che cosa fare di te –
quando la notte è blu,
e io sono triste per il sussurro dei cieli
e grave e stanco
per le mie molte menzogne?
Non c’è musica intorno a me –
né un suono,
solo il sussurro dei cieli:
mi avvincono alla mia tristezza
lacci così esili, così tenui –
oh, così tenui,
ma tu non puoi spezzarli.
Amore, che cosa fare di te?

E dentro me, che mai duole
quando piove?
Ah, le gocce cadono su una ferita
che duole:
l’anima è una ferita nuda
e le gocce lacrime salate.
Sono forse le lacrime di qualche gigante,
che ancora teme,
come me,
per i domani, per le cose che sono scomparse –
per i morti, morti ieri?

Amore, che cosa fare di te? –
Quando le risa sono troppo poche;
quando gli alberi non vogliono più cantare
per il vento;
quando agitano le braccia spettrali, nude,
disperati,
e nessuno li ascolta;
e la mia anima è come le canne
che si piegano al vento radente
senza speranza – come le canne,
spezzate, che mai più riusciranno a sollevarsi
e a cantare dolcemente come prima –
perché il vento è stato troppo crudele e troppo violento.

Sotto la neve, umida è la legna: e la fiamma
del mio riso, di tutte le risa,
ora si spegne. Oh, vergogna!…
Tutto mi avevi promesso il primo giorno!
E ora, che cosa farai per me, dimmi?
Che cosa farai per me?
Che cosa fare di te, amore, che cosa fare?

Di yoklux

conservare la poesia, farne di nuova

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